Oscar Arnulfo Romero e la Maria karlowska - Studi, musica e cultura

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Oscar Arnulfo Romero e la Maria karlowska

STORIA ALTERNATIVA 1
LA STORIA ALTERNATIVA*:
OSCAR ARNULFO ROMERO (1917-1980)
LA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE

 MARIA KARLOWSKA 
LA BEATA DELLE PROSTITUTE



 

 
            - 1970 diventa ausiliare del vescovo di San Salvador e sono in molti a stupirsi, perché lo considerano un conservatore che vorrebbe frenare l’azione innovativa intrapresa.
            - Timori e ostilità anche nel clero si manifestano maggiormente quando, nel 1977, diventa a sorpresa arcivescovo di San Salvador, cui si contrappone la gioia del governo e dei gruppi di potere, per i quali la nomina di questo vescovo quasi sessantenne, tutto “spirituale” e completamente “dedito agli studi”, è la miglior garanzia di un rallentamento dell’impegno per i poveri che l'arcidiocesi stava sviluppando con il predecessore. Così si interpreta il suo rifiuto della 

Cadillac fiammante e del sontuoso palazzo di marmi che i proprietari terrieri subito gli offrono, come anche la sua mancata presenza alla cerimonia di insediamento del dittatore.
            - Non bisogna però dimenticare che Romero fin dagli anni giovanili aveva fama di sacerdote austero, con una profonda spiritualità, una salda dottrina e un amore speciale per i poveri.
            - Molto semplicemente, di fronte all’oppressione e allo sfruttamento del popolo, osservando gli squadroni della morte che uccidono contadini, poveri e preti impegnati. Il vescovo istituisce una Commissione per la difesa dei diritti umani; le sue messe cominciano a diventare affollatissime; memorabili le sue denunce dei crimini di stato che ogni giorno si compiono.
Paga con un progressivo isolamento e con forti contrasti, sia in nunziatura che in Vaticano, la sua scelta preferenziale per i poveri: alcuni vescovi lo accusano di incitare «alla lotta di classe e alla rivoluzione», mentre è malfamato e deriso dalla destra come sovversivo e comunista.
            - «Non ho la vocazione di martire», confida, anche se predica che uno non deve mai amarsi al punto da evitare ogni possibile rischio di morte che la storia gli pone davanti. Chi cerca in tutti i modi di evitare un simile pericolo, ha già perso la propria vita.

            - «Nel nome di Dio e del popolo che soffre vi supplico, vi prego, e in nome di Dio vi ordino, cessi repressione!», grida il 23 marzo 1980, nella sua ultima predica in cattedrale. Il giorno dopo, nel tardo pomeriggio, un sicario si intrufola nella cappella dell’ospedale, dove Romero sta celebrando, e gli spara dritto al cuore, mentre il vescovo alza il calice al momento dell’offertorio. Aveva appena detto: «Che questo corpo immolato e questo sangue sacrificato per gli uomini ci spinga a dare anche il nostro corpo e il nostro sangue al dolore e alla sofferenza come Cristo; non per noi stessi ma per dare al nostro popolo frutti di giustizia e di pace».

            - Chi lo ha conosciuto bene ha continuato a testimoniare che «Romero non era un rivoluzionario, ma un uomo della Chiesa, del Vangelo e quindi dei poveri». Del resto, il popolo salvadoregno lo ha subito ritenuto un martire e ha continuato a pregare sulla sua tomba.




MARIA KARLOWSKA    fu una suora polacca, che prima le autorità civili avevano guardato con diffidenza, poi avevano ostacolato nella sua missione e che alla fine avevano dovuto premiare per l’attività svolta. Il fatto è che Maria Karlowska aveva un debole per le “donne di strada” e si era votata interamente per il riscatto morale e materiale delle prostitute. Ovvio che ciò potesse suscitare scandalo nei benpensanti.

            Nata nel 1865 in una famiglia religiosissima e numerosa (lei era l’undicesima figlia!), orfana di entrambi i genitori a 17 anni, va a Berlino a fare una corso da sarta e lavora poi nella sartoria della sorella. A diciassette anni forse non pensa ancora di farsi suora, ma intanto fa voto di castità e inizia a girare di casa in casa, per servire i malati e soccorrere i poveri. Insieme alle tante malattie da curare si imbatte anche nel degrado morale e nelle ingarbugliate vicende familiare dei suoi assistiti.
            Dieci anni dopo, nel novembre 1892, incontra per la prima volta una prostituta ed è un incontro decisivo e provvidenziale: da quel momento tutte le sue energie saranno indirizzate ad aiutare quelle povere ragazze ad uscire dal “giro” e a tagliare i ponti con la criminalità, che con la prostituzione da sempre trova di che foraggiarsi.
 
            Le autorità polacche dell’epoca tollerano la prostituzione e si limitano a “censire” queste donne negli uffici della buoncostume, imponendo soltanto periodici controlli sanitari per prevenire il diffondersi delle tanto temute malattie veneree.
Maria sa di dover fare di più e cerca di avvicinarle ad una ad una: nei cortili, negli androni e, d’estate, nel cimitero, perché non può farlo in luogo pubblico dato che tutti le sono contro. Per loro apre una casa d’accoglienza e si fa aiutare da un gruppo di ragazze, generose e anticonformiste come lei. E per dare continuità alla sua opera le organizza in congregazione: nascono così le Suore Pastorelle, votate come lei al recupero delle prostitute.

            - Madre Maria insegna alle sue suore a “fare le cose ordinarie in modo straordinario, con cura e dedizione”. Dopo aver insegnato loro un mestiere, le aiuta a formarsi una famiglia: molte diventano mamme esemplari, alcune, invece, restano con Madre Maria, per aiutarla a proseguire la sua opera. Perché lo Stato le conferisce la Croce d’Oro al Merito, ma non le elargisce nessun aiuto, e bisogna lavorare sodo per mantenere le tante “figlie” che lei si è acquistata sulla strada.

            Madre Maria Karlowska muore nel 1935, ma la sua opera non muore con lei, perché se la prostituzione è il mestiere più vecchio del mondo, non deve mai mancare nella storia della Chiesa chi è capace a camminare con chi è ultimo, con chi sbaglia, con chi fatica a vivere, come ha fatto la suora polacca che il Papa polacco ha beatificato il 6 giugno 1997.



*La Parola di Dio non si risolve in astrattismi fideistici inconcludenti; né nella vaghezza dell'approssimazione; e neppure nelle lotte ecclesiali che ripetono le divisioni del Secolo; e neanche nell'arte, per quanto alto possa esserne il livello, perché la Parola ha una valenza morale, non estetica. La Parola non è soggetta alla moda, né al senso comune, neppure ai piaceri psicologici o intelletivi, o della carne; non ha bisogno di un palcoscenico, né della politica, né dei sindacati, dei dei ricchi e neppure dei poveri... La Parola semplicemente "E'" e non può non essere: tocca all'uomo conoscerla, innanzi tutto, poi decidere se seguirla o ignorarla. Sì perché la Bibbia ci insegna a vivere, non solo per una promessa escatologica di un paradiso lontano, ma già in questa dimensione che è il nostro quotidiano, se vivere in un inferno o cominciare a provare la gioia e la serenità di cui essa solo è garante.

 
 
 
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