Giovanni Garbella - Studi, musica e cultura

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Giovanni Garbella

STORIA ALTERNATIVA 2
LA STORIA ALTERNATIVA*: BEATO GIOVANNI GARBELLA (1200-1283)
Umiltà, esempio, disciplina, cultura, tutto nella carità



IL BEATO

- 1200 nacque a Mosso  Santa Maria (Biella);
 
- studiò a Parigi e a ventitré anni, ottenne la laurea in utroque iure;
 
- insegnò a Parigi a Pavia e a Vercelli.
 
- La predicazione del beato domenicano Giordano di Sassonia, lo spinse ad abbandonare il mondo e nel 1229 entrò, nel  convento di S. Domenico in Bologna.


 - Nel 1234 fondò il convento di Vercelli, dove insegnò teologia.
 
- Nel 1262 istituì lo studio delle lettere e della filosofia nel convento di S. Eustorgio in Milano.

                                               Lo studio generale di Milano
Quanta prudenza il beato Giovanni riversò sulla Scuola! Quanta solerzia, quanta attenzione, senza mai improvvisare, attento all'insegnamento dei maestri veri. Ancora un monito arriva alla scuola di oggi, pubblica e privata, da molto lontano e ci mette in guardia dai maestri fasulli, o dai maestri senza cattedraproblemi astrusi, questioni cavillose, dispute, difesa tenace di tesi insostenibili... Consacriamo meglio il tempo e le forze dei nostri giovani in uno Studio sano e soprattutto di Verità.
  
Cura particolare diede alla scelta degli insegnanti che volle dotti e valenti..

     Grande fu lo sviluppo dello « Studio » di Milano presso il quale, tuttavia, le sottili analisi dei più astrusi problemi di filosofia, portarono, nel 1271, a serie dispute tra studenti e « lettori», intestarditi in questioni cavillose, vane ed inutili. Pareva che tutti fossero presi dalla smania di difendere un'opinione quanto essa mancava di solidi fondamenti.   Senza il benché minimo riferimento alla Fede, fra Giovanni concluse facendo suo il giudizio di S. Agostino, il quale nel libro V  delle Confessioniaveva asserito:
 essere gran danno il voler fare di tali cognizioni  tanti articoli di dottrina rivelata difendendo con tenacia quanto si ignora.

- Il 7 Giugno 1264 nel capitolo generale di Parigi succedeva al beato Umberto de Romans nel governo di tutto l'Ordine Domenicano, carica che avrebbe tenuta per circa venti anni, cioè fino alla morte.
 
- Percorse quasi tutta l'Europa per amore del suo Istituto: Parigi, Montpellier, Treviri, Bologna, Viterbo, Firenze, Budapest, Lione, Pisa, Bordeaux, Oxford ove promosse vigorosamente la disciplina regolare con leggi sapienti.
 
- Visitò a piedi, sempre appoggiato al suo bastone, tutti i conventi del suo Ordine, specialmente di Francia, d'Italia e d'Ungheria. Questo lavoro indefesso diede i suoi frutti e l'Ordine ne ricevette un grande impulso.

 - Innocenzo IV l’inviò commissario dell'inquisizione a Venezia e poi in tutta la Lombardia ove fornì prova di senno, di carità, di mitezza.
 
 - Urbano IV lo nominò procuratore apostolico della crociata contro gli infedeli; Clemente IV lo ebbe come consigliere e consolatore dell'ultima sua ora a Viterbo nel 1268.  
 
- Gregorio X gli affidò il difficile incarico della pacificazione delle repubbliche di Venezia e Genova, e dei Guelfi e Ghibellini in Pisa, in Firenze, in Bologna e in Venezia, e in seguito quello di unire in pacifico accordo Ladislao, re d'Ungheria, e Ottocaro, re di Boemia.
 
- Intervenne al concilio di Lione nel 1274
 
- Nel 1276 fu inviato nunzio apostolico nel regno di Castiglia da Giovanni XXI, per interporsi fra i discordi, Alfonzo X di Castiglia e Filippo l'Ardito, re di Francia.

 - Niccolò III lo mandò legato ai re di Francia e d'Inghilterra e il 15 Maggio 1278 lo preconizzò patriarca di Gerusalemme, dignità che ricusò. Anzi ben due volte domandò di essere esonerato dal magistero supremo dell'Ordine, ma vi si opposero i suoi religiosi e per comando del papa ne tenne fino all'ultimo della sua vita il governo, seguitando il suo apostolato.
 
- Fedele alla sua regola, non mangiò mai carne e osservò lunghi digiuni anche tra le asprezze dei continui e lunghi viaggi. Custode rigidissimo della povertà, non tralasciò mai la predicazione, sempre sollecito della salute delle sue anime. Austero con sé, benigno con gli altri, si conciliò l'amore di tutti.

 - Morì in Montpellier, all'età di ottant’anni circa, il 30 novembre 1283, nell'esercizio del suo apostolato, dopo aver stupito l'Europa per la sua operosità e per lo zelo, caratteristiche per cui è stato definito il pellegrino della pace.

Degli scritti del B. Giovanni ci rimangono soltanto venti lettere:

«Sia costante, egli dice, il vostro studio delle sacre carte per ritrarne sempre maggior profitto e affinché, imbevuti di vera dottrina attinta alle sorgenti di verità, siate sempre pronti; con la voce della vostra predicazione, a ribattere le false  asserzioni, a mostrare gli errori, a scoprire gli argomenti insidiosi, a scuotere dal letargo del peccato e  dal torpore i dormienti. Dirigete a salute quanti avrete confermato nella federichiamate a Cristo gli ostili e  gli sviati, rimettendoli sotto il suo giogo soave, aumentatene la famiglia con la purità della vita, con la tranquilla compostezza dei costumi, con discorsi  commendevoli...  Apprestiamo medicina agli infermi,  consoliamo gli afflitti, incoraggiamo alla perseveranza i combattenti contro le insidie del demonio. Accogliamo nel tranquillo ospizio di un cuore quieto L'abitatore della quiete; non molestiamolo con strepito di contese o con grida partigiane, ma accogliamolo  con tanta dolcezza da far scendere la sua benignità su noi, come suoi diletti.
L'autore della pace invero  cerca un luogo pacifico e lì si ripara a profitto di  colui che lo ospita. E poiché la carità dà la forma a tutte le altre virtù e, senza di lei niente acquista merito e non si giudica alcuna cosa degna di eterna ricompensa, affaticatevi con la maggiore energia a toccare la cima. La carità invero compensa i debiti, stringe gli affetti e con la sollecitudine della retribuzione si rende obbligato il  suo creditore. Essa rimane sempre grata, anche quando è sciolta da ogni debito e, sovra ogni altra virtù, insegna a procurare la salute del prossimo..

  Per aprire poi più facile adito alla nostra parola affinché ne segua meglio l'effetto desiderato, cioè la salute delle anime, non si riscontri in noi cosa che disguidi dall'onestà o non emani odor di sante virtù, ma la vita irreprensibile confermi la giustezza dei  discorsi.


*La Parola di Dio non si risolve in astrattismi fideistici inconcludenti; né nella vaghezza dell'approssimazione; e neppure nelle lotte ecclesiali che ripetono le divisioni del Secolo; e neanche nell'arte, per quanto alto possa esserne il livello, perché la Parola ha una valenza morale, non estetica. La Parola non è soggetta alla moda, né al senso comune, neppure ai piaceri psicologici o intelletivi, o della carne; non ha bisogno di un palcoscenico, né della politica, né dei sindacati, dei dei ricchi e neppure dei poveri... La Parola semplicemente "è" e non può non essere: tocca all'uomo conoscerla, innanzi tutto, poi decidere se seguirla o ignorarla. Sì perché la Bibbia ci insegna a vivere, non solo per una promessa escatologica di un paradiso lontano, ma già in questa dimensione che è il nostro quotidiano, se vivere in un inferno o cominciare a provare la gioia e la serenità di cui essa solo è garante.

 
 
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