Marcello Callo e Giuseppe Diana - Studi, musica e cultura

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Marcello Callo e Giuseppe Diana

STORIA ALTERNATIVA 1
LA STORIA ALTERNATIVA*:
MARCELLO CALLO (1921-1908)
 DON GIUSEPPE DIANA (1958-1994)




 
- Nasce a Rennes (Francia) nel 1921, secondo di nove fratelli. Chierichetto, boy scout, e poi nenel movimento di Azione Cattolica tra la gioventù operaia.
 
- Soprannominato per disprezzo “Gesù Cristo” dai compagni di lavoro, che lo boicottano e per un bel pezzo non gli rivolgono la parola, riesce ad imporsi alla loro stima per la serietà e l’applicazione con cui lavora e per essersi speso nel difendere la dignità lavorativa di qualche collega.
 

- Alla mamma che gli chiede se non sente l’inclinazione al sacerdozio come il suo fratello maggiore, candidamente risponde: “Io non mi sento chiamato al sacerdozio; ritengo di fare maggiormente del bene restando nel mondo".
 
- Con l’armistizio del 1940 e l’occupazione nazista della Francia, Marcello viene precettato: lo attende il servizio di lavoro obbligatorio in Germania. In terra tedesca si da subito da fare: trovare una chiesa in cui far celebrare messe in francese per i suoi connazionali, animare le liturgie,  commentare le letture, ma anche dirigere un coro, organizzare una squadra di calcio, mettere insieme un gruppo teatrale, coordinare le visite ai malati e distribuire le medicine.
 
- Un’attività così intensa non può passare inosservata e i nazisti lo arrestano insieme ad altri undici amici, con l’accusa di essere “troppo cattolico” e lo spediscono nel campo di sterminio di Mathausen. Trattati con brutalità, denutriti, costretti ad un lavoro sfibrante reso impossibile dal freddo e dall’umidità, i prigionieri del lager vengono colpiti da cancrene, diarree, ulcere, tubercolosi e cominciano a morire come mosche.
 
- Anche Marcello, che pure avrebbe potuto evitare tutto ciò se solo si fosse dimostrato non “troppo cattolico”.  “Cristo è un amico che non ti lascia nemmeno un istante e che ti sa sostenere, con Lui si sopporta tutto…”, aveva scritto e Gesù diventa davvero un amico prezioso nella desolazione del lager. Tanto che Marcello non perde la bussola, non viene meno alla sua Promessa, non perde la fede.
 
- Quando il 19 marzo 1945 lo tirano fuori dalla latrina in cui è caduto e lo portano in infermeria, gli trovano stampato in fronte un sorriso che impressiona chi lo soccorre. Ad assisterlo, nei momenti estremi, un solo prigioniero, non credente, che dopo la guerra finisce per convertirsi, e al processo di beatificazione di Marcello dichiarerà testualmente: Se io, non credente, che ho visto morire migliaia di prigionieri, sono stato colpito dallo sguardo di Marcello, è perché in lui c'era qualcosa di straordinario. Per me fu una rivelazione: il suo sguardo esprimeva una convinzione profonda che portava verso la felicità. Era un atto di fede e di speranza verso una vita migliore. Non ho mai visto in nessuna parte, accanto ad ogni moribondo (e ne ho visti migliaia), uno sguardo come il suo. Per la prima volta nel viso di un deportato vedevo un'impronta che non era unicamente quella della disperazione.


*La Parola di Dio non si risolve in astrattismi fideistici inconcludenti; né nella vaghezza dell'approssimazione; e neppure nelle lotte ecclesiali che ripetono le divisioni del Secolo; e neanche nell'arte, per quanto alto possa esserne il livello, perché la Parola ha una valenza morale, non estetica. La Parola non è soggetta alla moda, né al senso comune, neppure ai piaceri psicologici o intelletivi, o della carne; non ha bisogno di un palcoscenico, né della politica, né dei sindacati, dei dei ricchi e neppure dei poveri... La Parola semplicemente "E'" e non può non essere: tocca all'uomo conoscerla, innanzi tutto, poi decidere se seguirla o ignorarla. Sì perché la Bibbia ci insegna a vivere, non solo per una promessa escatologica di un paradiso lontano, ma già in questa dimensione che è il nostro quotidiano, se vivere in un inferno o cominciare a provare la gioia e la serenità di cui essa solo è garante.

 
 
 
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